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UFFICIO DELLE LETTURE - SABATO NELLA SETTIMANA SANTA | LiturgiaGiovane

UFFICIO DELLE LETTURE

Sabato, 04 aprile 2026

SABATO SANTO

V   Benedetto il Signore
      che vive e regna nei secoli dei secoli.
R   Amen.

Lode a te, Signore, re di eterna gloria.

INNO

Lotta gloriosa, cruenta vittoria
oggi celebri il canto:
sul Calvario il Signore
immolato trionfa.

L’albero del primo giardino
disseminò la morte;
dall’albero della croce
rifiorisce la vita.

È l’ora, il disegno del Padre
mirabilmente si compie:
ecco il Figlio di Dio
da grembo vergine nasce;

vive con noi, cammina
sulle sordide strade;
docile agnello, sospira
l’altare della croce.

Strazio crudele! Muore
di sete, di insulti, di spasimi;
scorre il sangue e purifica
il mondo contaminato.


latino

Pange, lingua, gloriósi
prœlium certáminis,
et super crucis tropæo
dic triúmphum nóbilem,
quáliter redémptor orbis
immolátus vícerit.

De paréntis protoplásti
fraude factor cóndolens,
quando pomi noxiális
morte morsu córruit,
ipse lignum tunc notávit,
damna ligni ut sólveret.

Hoc opus nostræ salútis
ordo depopóscerat,
multifórmis perditóris
arte ut artem fálleret,
et medélam ferret inde,
hostis unde læserat.

Quando venit ergo sacri
plenitúdo témporis,
missus est ab arce Patris
Natus, orbis cónditor,
atque ventre virgináli
carne factus pródiit.

Lustra sex qui iam perácta
tempus implens córporis,
se volénte, natus ad hoc,
passióni déditus,
agnus in crucis levátur
immolándus stípite.

En acétum, fel, arúndo,
sputa, clavi, láncea:
mite corpus perforátur,
Sanguis, unda prófluit
terra, pontus, astra, mundus,
quo lavántur flúmine!


in canto

Cruenta e gloriosa vittoria
si celebri oggi nel canto:
Signore Gesù, sul Calvario,
tu muori e trionfi immolato!

Dall’albero antico sul mondo
discese funesta la morte;
dall’albero nuovo, la croce,
germoglia e fiorisce la vita.

È l’ora, il disegno del Padre
per l’uomo si compie mirabile:
il Verbo, il Figlio di Dio,
da vergine grembo è donato;

con noi egli vive e cammina
su strade percorse da tutti;
e, docile agnello, sospira
l’altare del suo sacrificio.

In strazio crudele egli muore
di insulti, di spasimi e sete;
il sangue fluisce e risana
il mondo ferito da colpa.

INNO

O tementi dell’ira ventura,
cheti e gravi oggi al tempio moviamo,
come gente che pensi a sventura,
che improvviso s’intese annunziar.
Non s’aspetti di squilla il richiamo;
nol concede il mestissimo rito:
qual di donna che piange il marito,
è la veste del vedovo altar.

Cessan gl’inni e i misteri beati,
tra cui scende, per mistica via,
sotto l’ombra de’ pani mutati,
l’ostia viva di pace e d’amor.
S’ode un carme: l’intento Isaia
proferì questo sacro lamento,
in quel dì che un divino spavento
gli affannava il fatidico cor.

Di chi parli, o Veggente di Giuda?
chi è costui che, davanti all’Eterno,
spunterà come tallo da nuda
terra, lunge da fonte vital?
questo fiacco pasciuto di scherno,
che la faccia si copre d’un velo,
come fosse un percosso dal cielo,
il novissimo d’ogni mortal?

Egli è il Giusto che i vili han trafitto,
ma tacente, ma senza tenzone;
egli è il Giusto; e di tutti il delitto
il Signor sul suo capo versò.
Egli è il santo, il predetto Sansone,
che morendo francheggia Israele;
che volente alla sposa infedele
la fortissima chioma lasciò.

RESPONSORIO

Cfr. Am 8, 19; Zc 12, 10

R   Gerusalemme, piangi; leva le vesti festive,
      indossa il sacco, cospàrgiti di cenere,
           poiché in te è stato ucciso
           il Salvatore d’Israele.

V   Fa’ lutto come per un figlio unico,
      laméntati amaramente,
           poiché in te è stato ucciso
           il Salvatore d’Israele.

SALMODIA

Salmo 87, 2-6

Preghiera di un uomo gravemente malato

«Il Figlio dell’uomo resterà tre giorni e tre notti nel cuore della terra» (Mt 12, 40).

Ant. 1   Sono come un uomo ormai privo di forza; *
             il mio giaciglio è tra i morti.

Signore, Dio della mia salvezza, *
     davanti a te grido giorno e notte.
Giunga fino a te la mia preghiera, *
     tendi l’orecchio al mio lamento

Io sono colmo di sventure, *
     la mia vita è vicina alla tomba.
Sono annoverato tra quelli che scendono nella fossa, *
     sono come un uomo ormai privo di forza.

È tra i morti il mio giaciglio, *
     sono come gli uccisi stesi nel sepolcro,
dei quali tu non conservi il ricordo *
     e che la tua mano ha abbandonato.

Ant. 1   Sono come un uomo ormai privo di forza; *
             il mio giaciglio è tra i morti.

Salmo 87, 7-19

Grido a te, Signore

Dio lo ha risuscitato sciogliendolo dalle angosce della morte, perché non era possibile che questa lo tenesse in suo potere (At 2, 24).

Ant. 2   Senza scampo sono prigioniero.

Mi hai gettato nella fossa profonda, *
     nelle tenebre e nell’ombra di morte.
Pesa su di me il tuo sdegno *
     e con tutti i tuoi flutti mi sommergi.

Hai allontanato da me i miei compagni, *
     mi hai reso per loro un orrore.
Sono prigioniero senza scampo*
     si consumano i miei occhi nel patire.

Tutto il giorno ti chiamo, Signore, *
     verso di te protendo le mie mani.
Compi forse prodigi per i morti? *
     O sorgono le ombre a darti lode?

Si celebra forse la tua bontà nel sepolcro, *
     la tua fedeltà negli inferi?
Nelle tenebre si conoscono forse i tuoi prodigi, *
     la tua giustizia nel paese dell’oblio?

Ma io a te, Signore, grido aiuto, *
     e al mattino giunge a te la mia preghiera.
Perché, Signore, mi respingi, *
     perché mi nascondi il tuo volto?

Sono infelice e morente dall’infanzia, *
     sono sfinito, oppresso dai tuoi terrori.
Sopra di me è passata la tua ira, *
     i tuoi spaventi mi hanno annientato,

mi circondano come acqua tutto il giorno, *
     tutti insieme mi avvolgono.
Hai allontanato da me amici e conoscenti, *
     mi sono compagne solo le tenebre.

Ant. 2   Senza scampo sono prigioniero.

Salmo 101, 2-18

Aspirazioni e preghiere di un esule

Il Dio della pace ha fatto tornare dai morti il Pastore grande delle pecore in virtù del sangue di un’alleanza eterna (Eb 13, 20).

Ant. 3   Tu sorgerai e avrai pietà di Sion; *
             è tempo ormai di usarle misericordia.

Signore, ascolta la mia preghiera, *
     a te giunga il mio grido.

Non nascondermi il tuo volto; †
     nel giorno della mia angoscia piega verso di me l’orecchio. *
     Quando ti invoco: presto, rispondimi.

Si dissolvono in fumo i miei giorni *
     e come brace ardono le mie ossa.
Il mio cuore abbattuto come erba inaridisce, *
     dimentico di mangiare il mio pane.

Per il lungo mio gemere *
     aderisce la mia pelle alle mie ossa.
Sono simile al pellicano del deserto, *
     sono come un gufo tra le rovine.

Veglio e gemo *
     come uccello solitario sopra un tetto.
Tutto il giorno mi insultano i miei nemici, *
     furenti imprecano contro il mio nome.

Di cenere mi nutro come di pane, *
     alla mia bevanda mescolo il pianto,
davanti alla tua collera e al tuo sdegno, *
     perché mi sollevi e mi scagli lontano.

I miei giorni sono come ombra che declina, *
     e io come erba inaridisco.

Ma tu, Signore, rimani in eterno, *
     il tuo ricordo per ogni generazione.

Tu sorgerai, avrai pietà di Sion, †
     perché è tempo di usarle misericordia: *
     l’ora è giunta.

Poiché ai tuoi servi sono care le sue pietre *
     e li muove a pietà la sua rovina.

I popoli temeranno il nome del Signore *
     e tutti i re della terra la tua gloria,
quando il Signore avrà ricostruito Sion *
     e sarà apparso in tutto il suo splendore.

Egli si volge alla preghiera del misero *
     e non disprezza la sua supplica.

Ant. 3   Tu sorgerai e avrai pietà di Sion; *
             è tempo ormai di usarle misericordia.

Ant. 4   Sbigottita la terra tace, *
             quando il Signore risorge a giudicare.

Dio è conosciuto in Giuda, *
     In Israele è grande il suo nome.
È in Gerusalemme la sua dimora, *
     la sua abitazione in Sion.

Qui spezzò le saette dell’arco, *
     lo scudo, la spada, la guerra.

Splendido tu sei, o Potente, *
     sui monti della preda;

furono spogliati i valorosi, †
     furono colti dal sonno, *
     nessun prode ritrovava la sua mano.

Dio di Giacobbe, alla tua minaccia, *
     si arrestarono carri e cavalli.

Tu sei terribile; chi ti resiste *
     quando si scatena la tua ira?
Dal cielo fai udire la tua sentenza: *
     sbigottita la terra tace

quando Dio si alza per giudicare, *
     per salvare tutti gli umili della terra.

L’uomo colpito dal tuo furore ti dà gloria, *
     gli scampati dall’ira ti fanno festa.

Fate voti al Signore vostro Dio e adempiteli, *
     quanti lo circondano portino doni al Terribile,
a lui che toglie il respiro ai potenti; *
     è terribile per i re della terra.

Ant. 4   Sbigottita la terra tace, *
             quando il Signore risorge a giudicare.

Salmo 11

Colui che Dio ha risuscitato non ha subìto la corruzione (At 13, 37).

Ant. 5   «Per l’oppressione dei miseri
             e il gemito dei poveri, *
             io risorgerò», – dice il Signore.

Salvami, Signore! Non c’è più un uomo fedele; *
     è scomparsa la fedeltà tra i figli dell’uomo.
Si dicono menzogne l’uno all’altro, *
     labbra bugiarde parlano con cuore doppio.

Recida il Signore le labbra bugiarde, *
     la lingua che dice parole arroganti,

quanti dicono: «Per la nostra lingua siamo forti, †
     ci difendiamo con le nostre labbra: *
     chi sarà nostro padrone?».

«Per l’oppressione dei miseri e il gemito dei poveri, †
     io sorgerò, dice il Signore, *
     metterò in salvo chi è disprezzato».

I detti del Signore sono puri, †
     argento raffinato nel crogiuolo, *
     purificato nel fuoco sette volte.

Tu, o Signore, ci custodirai, *
     ci guarderai da questa gente per sempre.
Mentre gli empi si aggirano intorno, *
     emergono i peggiori tra gli uomini.

Ant. 5   «Per l’oppressione dei miseri
             e il gemito dei poveri, *
             io risorgerò», – dice il Signore.

Ant. 6   Signore, mia forza, accorri in mio aiuto; *
             scampami dalla spada,
             dalle unghie del cane la mia vita.

Lodate il Signore, voi che lo temete, †
     gli dia gloria la stirpe di Giacobbe, *
     lo tema tutta la stirpe di Israele;

perché egli non ha disprezzato né sdegnato *
     l’afflizione del misero,
non gli ha nascosto il suo volto, *
     ma, al suo grido d’aiuto, lo ha esaudito.

Sei tu la mia lode nella grande assemblea, *
     scioglierò i miei voti davanti ai suoi fedeli.

I poveri mangeranno e saranno saziati, †
     loderanno il Signore quanti lo cercano: *
     «Viva il loro cuore per sempre».

Ricorderanno e torneranno al Signore *
     tutti i confini della terra,
si prostreranno davanti a lui *
     tutte le famiglie dei popoli.

Poiché il regno è del Signore, *
     egli domina su tutte le nazioni.

A lui solo si prostreranno quanti dormono sotto terra, *
     davanti a lui si curveranno quanti discendono nella polvere.

E io vivrò per lui, *
     lo servirà la mia discendenza.

Si parlerà del Signore alla generazione che viene; *
     annunzieranno la sua giustizia;
al popolo che nascerà diranno: *
     «Ecco l’opera del Signore!».

Ant. 6   Signore, mia forza, accorri in mio aiuto; *
             scampami dalla spada,
             dalle unghie del cane la mia vita.

V   Tu sei benedetto, Signore.
R   Amen.

PRIMA LETTURA

Lam 5, 1-22

Dal libro delle Lamentazioni

Supplica del profeta Geremia

Ricordati, Signore, di quanto ci è accaduto,
guarda e considera il nostro obbrobrio.
La nostra eredità è passata a stranieri,
le nostre case a estranei.
Orfani siam diventati, senza padre;
le nostre madri come vedove.
L’acqua nostra beviamo per denaro,
la nostra legna si acquista a pagamento.
Con un giogo sul collo siamo perseguitati
siamo sfiniti, non c’è per noi riposo.
All’Egitto abbiamo teso la mano,
all’Assiria per saziarci di pane.
I nostri padri peccarono e non sono più,
noi portiamo la pena delle loro iniquità.
Schiavi comandano su di noi,
non c’è chi ci liberi dalle loro mani.
A rischio della nostra vita ci procuriamo il pane
davanti alla spada nel deserto.
La nostra pelle si è fatta bruciante come un forno
a causa degli ardori della fame.
Han disonorato le donne di Sion,
le vergini nelle città di Giuda.
I capi sono stati impiccati dalle loro mani,
i volti degli anziani non sono stati rispettati.
I giovani han girato la mola;
i ragazzi son caduti sotto il peso della legna.
Gli anziani hanno disertato la porta,
i giovani i loro strumenti a corda.
La gioia si è spenta nei nostri cuori,
si è mutata in lutto la nostra danza.
È caduta la corona dalla nostra testa;
guai a noi perché abbiamo peccato!
Per questo è diventato mesto il nostro cuore,
per tali cose si sono annebbiati i nostri occhi:
perché il monte di Sion è desolato;
le volpi vi scorrazzano.
Ma tu, Signore, rimani per sempre,
il tuo trono di generazione in generazione.
Perché ci vuoi dimenticare per sempre?
Ci vuoi abbandonare per lunghi giorni?
Facci ritornare a te, Signore, e noi ritorneremo;
rinnova i nostri giorni come in antico,
poiché non ci hai rigettati per sempre,
né senza limite sei sdegnato contro di noi.

RESPONSORIO

Cfr. Mt 27, 51; Lc 23, 42; Sal 56, 2a

R   Il velo del tempio si squarciò, la terra si scosse.
      Il ladro gridò dalla croce:
           «Ricordati di me, Signore,
           quando entrerai nel tuo regno».

V   Pietà di me, pietà di me, o Dio,
      in te mi rifugio.
           «Ricordati di me, Signore,
           quando entrerai nel tuo regno».

L    Benedicimi, Padre.
V   La grazia dello Spirito santo
      illumini i nostri sensi e il nostro cuore.
R   Amen.

SECONDA LETTURA

Dai «Discorsi» di san Massimo di Torino, vescovo

(Sermo XXXVIII, 2-4: CCL XXIII, 149-150)
Risurrezione, nuova e gloriosa rinascita

Grande è il sacramento della croce; a chi sa comprendere, appare che in questo stesso segno anche il mondo quaggiù trova salvezza. Infatti, quando i marinai solcano il mare, prima alzano l’albero e stendono la vela, perché, riprodotta così la croce del Signore, i flutti siano squarciati, e sicuri con questo segno del Signore raggiungono il porto della salvezza e scampano al pericolo della morte.
La vela sospesa all’albero è come una figura del sacramento, come se fosse Cristo innalzato sulla croce. Per la fiducia che proviene da questo mistero, gli uomini non curano le bufere dei venti e formulano i voti per il viaggio. La nave, se priva dell’albero, è impotente, come la Chiesa non può ergersi salda senza la croce. Quando s’innalza il segno della croce, subito viene rintuzzata la malvagità del diavolo e la bufera dei venti si placa.
Anche il buon contadino, quando si accinge a rivoltare il terreno e a procurarsi gli alimenti per la vita, cerca di far questo per mezzo del segno della croce. Infatti, mentre pone sotto l’aratro il dentale e vi inserisce gli orecchi e il manico, riproduce il segno della croce; la struttura dell’aratro è quasi un’immagine della passione del Signore. Lo stesso cielo è disposto secondo la figura di questo segno. Quando infatti viene distinto in quattro parti – oriente, occidente, mezzogiorno, settentrione – richiama i quattro angoli della croce.
Anche la posizione dell’uomo, quando innalza le mani, descrive una croce; per questo ci viene raccomandato di pregare alzando le mani: per confessare la passione del Signore con l’atteggiamento stesso delle membra. La nostra preghiera viene esaudita più prontamente quando anche il corpo imita Cristo, mentre ne parla il cuore. Da questo segno del Signore è dunque solcato il mare, è coltivata la terra, è governato il cielo, sono salvati gli uomini. Da questo segno del Signore sono anche dischiusi gli abissi della terra: da quando il Signore Gesù che portava appunto la croce, fu sepolto nella terra, come da lui squarciata e arata, essa dette alla luce tutti quelli che, morti, serrava nelle sue viscere.
Ma vediamo che cosa avvenne di questo stesso corpo del Signore, una volta deposto dalla croce! Lo prese in consegna Giuseppe d’Arimatèa, uomo giusto, come dice l’evangelista, e lo seppellì nella sua tomba nuova, nella quale nessuno ancora era stato posto. Beato il corpo di Cristo Signore, che, quando nasce, è concepito dal grembo di una vergine, quando lascia questa vita, è affidato alla tomba di un giusto! Beato il corpo, partorito dalla verginità e custodito dalla giustizia! Lo custodì incorrotto la tomba di Giuseppe, come lo conservò illibato il grembo di Maria. Qui infatti non è toccato dalla contaminazione dell’uomo, là non è offeso dalla corruzione della morte; dappertutto a quel beato corpo si rende l’omaggio della santità, dappertutto l’omaggio della verginità.
Come il Signore uscì vivo dal grembo materno, così risorse vivo dalla tomba di Giuseppe; e come allora dal grembo nacque per predicare alle genti, così ora è rinato dal sepolcro per annunziare la buona novella. Ma questa nascita è più gloriosa della prima: quella generò un corpo mortale, questa diede alla luce un corpo immortale; dopo la prima nascita si scende sottoterra, dopo questa si ritorna in cielo.

Se all’Ufficio delle Letture seguono immediatamente le Lodi si omettono l’orazione seguente e l’introduzione di Lodi e si recita immediatamente il Cantico di Zaccaria.

ORAZIONE

Tu hai voluto, o Dio, che il nostro Salvatore,
affidato il corpo al sonno del sepolcro,
riscattasse gli antichi giusti dal regno di morte;
dona a quanti sono stati sepolti con lui nel battesimo
di risorgere alla libertà della nuova vita
e di entrare nella gloria con lui,
nostro Signore e nostro Dio,
che vive e regna con te, nell’unità dello Spirito santo,
per tutti i secoli dei secoli.


Quando l'Ufficio delle letture si recita nelle ore notturne o nelle prime del mattino, invece dell'orazione riportata si può sempre dire l'orazione seguente:

Allontana, o Dio, ogni tenebra
dal cuore dei tuoi servi
e dona alle nostre menti la tua luce.
Per Gesù Cristo, tuo Figlio, nostro Signore e nostro Dio,
che vive e regna con te, nell’unità dello Spirito santo,
per tutti i secoli dei secoli.

CONCLUSIONE

V   Benediciamo il Signore.
R   Rendiamo grazie a Dio.