UFFICIO DELLE LETTURE
Mercoledì, 11 marzo 2026
MERCOLEDI
DELLA TERZA SETTIMANA DI QUARESIMA
V O Dio, vieni a salvarmi.
R Signore, vieni presto in mio aiuto.
Gloria al Padre e al Figlio *
e allo Spirito santo.
Come era nel principio e ora e sempre *
nei secoli dei secoli. Amen.
Lode a te, Signore, re di eterna gloria.
INNO
Quando l’Ufficio delle letture si dice nelle ore del giorno:
Tu che l’immensa volta del cielo
stupendamente di luce avvampi
e di vaghi colori
adorni la bellezza del creato;
tu che nel quarto giorno hai voluto
il fiammeggiante globo del sole
e l’alternante gioco della luna
e il nitido corso degli astri,
così scandendo nell’ordine il tempo
e misurando le notti
e i giorni e i mesi e gli anni,
ascolta, Padre, la nostra preghiera.
Sciogli l’orrido gelo della colpa,
rischiara il cuore degli uomini,
impreziosisci l’anima
della tua santa grazia.
Noi t’imploriamo, o Dio,
per il tuo Figlio unigenito
che regna con te nei secoli
e con lo Spirito santo. Amen.
latino
Cæli Deus sanctíssime,
qui lúcidum centrum poli
candóre pinguis ígneo
augens decóri lúmina.
Quarto die qui flámmeam
solis rotam constítuens,
lunæ minístras órdini
vagos recúrsus síderum.
Ut nóctibus vel lúmini
diremptiónis términum,
primórdiis et ménsium
signum dares notíssimum:
Illúmina cor hóminum,
abstérge sordes méntium,
resólve culpæ vínculum,
evérte moles críminum.
Præsta, Pater piíssime,
per Iesum Christum Dóminum,
qui tecum in perpétuum
regnat cum sancto Spíritu. Amen.
in canto
La volta immensa del cielo
avvampi di luce stupenda;
tu doni colori splendenti,
bellezza per tutto il creato.
Nel tuo disegno hai voluto
il globo del sole raggiante,
di notte la candida luna,
e il nitido corso degli astri.
Ascolta la nostra preghiera,
o Padre, nel tempo che scorre:
i giorni coi mesi e con gli anni
in pace serena conduci.
Sciogliendo il gelo del male,
rischiara il cuore dell’uomo;
e l’anima rendi preziosa,
immersa in un fiume di grazia.
Unanimi noi t’imploriamo,
o Padre col Figlio unigenito,
che regna con te e con lo Spirito
nel tempo e nei secoli eterni. Amen.
INNO
Quando l’Ufficio delle letture si dice nelle ore notturne o nelle prime ore del mattino:
Non sono impallidite ancora in cielo
l’ultime stelle, e già dal sonno, o Dio,
sorge la Chiesa a mattinar lo sposo
con animo adorante.
Così ci sia donato,
dopo la lunga notte,
di varcare le soglie del tuo regno
inni cantando a te con cuore nuovo.
O Trinità beata,
a te, suprema fonte dell’essere,
il coro dei redenti
leva felice l’inno nei secoli. Amen.
latino
Nocte surgéntes vigilémus omnes,
semper in psalmis meditémur atque
víribus totis Dómino canámus
dúlciter hymnos,
Ut, pio regi páriter canéntes,
cum suis sanctis mereámur aulam
íngredi cæli, simul et beátam
dúcere vitam.
Glória summum résonet Paréntem,
glória Natum, paritérque sanctum
Spíritum dulci modulétur hymno
omne per ævum. Amen.
in canto
Ancora nel cielo scintillano
le ultime stelle, o Dio,
e già la tua Chiesa dal sonno
si desta e canta allo Sposo.
Così varcheremo la soglia
del Giorno di luce infinita,
trascorsa la notte del tempo,
cantando gioiosi nel Regno.
A te, uno e trino Signore,
sorgente suprema dell’essere,
elevino tutti i redenti
un inno di festa nei secoli. Amen.
CANTICO DEI TRE GIOVANI
Cfr. Dn 3, 52-56
Ogni creatura lodi il Signore
Benedetto sei tu, Signore, Dio dei padri nostri, *
degno di lode e di gloria nei secoli.
Benedetto il tuo nome glorioso e santo, *
degno di lode e di gloria nei secoli.
Benedetto sei tu nel tuo tempio santo glorioso, *
degno di lode e di gloria nei secoli.
Benedetto sei tu sul trono del tuo regno, *
degno di lode e di gloria nei secoli.
Benedetto sei tu che penetri con lo sguardo gli abissi †
e siedi sui cherubini, *
degno di lode e di gloria nei secoli.
Benedetto sei tu nel firmamento del cielo, *
degno di lode e di gloria nei secoli.
Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito santo, *
degno di lode e di gloria nei secoli.
Come era nel principio e ora e sempre
nei secoli dei secoli, amen, *
degno di lode e di gloria nei secoli.
SALMODIA
Salmo 88, 2-38
La misericordia di Dio per la casa di Davide
Dalla discendenza di Davide secondo la promessa Dio trasse per Israele un salvatore, Gesù (At 13, 23).
I (2-19)
Ant. 1 Canterò senza fine le grazie del Signore. †
Canterò senza fine le grazie del Signore, *
† con la mia bocca
annunzierò la tua fedeltà nei secoli,
perché hai detto: «La mia grazia rimane per sempre»; *
la tua fedeltà è fondata nei cieli.
«Ho stretto un’alleanza con il mio eletto, *
ho giurato a Davide mio servo:
stabilirò per sempre la tua discendenza, *
ti darò un trono che duri nei secoli».
I cieli cantano le tue meraviglie, Signore, *
la tua fedeltà nell’assemblea dei santi.
Chi sulle nubi è uguale al Signore, *
chi è simile al Signore tra gli angeli di Dio?
Dio è tremendo nell’assemblea dei santi, *
grande e terribile tra quanti lo circondano.
Chi è uguale a te, Signore, Dio degli eserciti? *
Sei potente, Signore, e la tua fedeltà ti fa corona.
Tu domini l’orgoglio del mare, *
tu plachi il tumulto dei suoi flutti.
Tu hai calpestato Raab come un vinto, *
con braccio potente hai disperso i tuoi nemici.
Tuoi sono i cieli, tua è la terra, *
tu hai fondato il mondo e quanto contiene;
il settentrione e il mezzogiorno tu li hai creati, *
il Tabor e l’Ermon cantano il tuo nome.
È potente il tuo braccio, *
forte la tua mano, alta la tua destra.
Giustizia e diritto sono la base del tuo trono, *
grazia e fedeltà precedono il tuo volto.
Beato il popolo che ti sa acclamare *
e cammina, o Signore, alla luce del tuo volto:
esulta tutto il giorno nel tuo nome, *
nella tua giustizia trova la sua gloria.
Perché tu sei il vanto della sua forza *
e con il tuo favore innalzi la nostra potenza.
Perché del Signore è il nostro scudo, *
il nostro re, del Santo d’Israele.
Gloria al Padre e al Figlio *
e allo Spirito santo.
Come era nel principio e ora e sempre *
nei secoli dei secoli. Amen.
Ant. 1 Canterò senza fine le grazie del Signore.
II (20-30)
Ant. 2 «Ho portato aiuto al mio consacrato, *
ho esaltato il suo animo forte».
Un tempo parlasti in visione ai tuoi santi dicendo: †
«Ho portato aiuto a un prode, *
ho innalzato un eletto tra il mio popolo.
Ho trovato Davide, mio servo, *
con il mio santo olio l’ho consacrato;
la mia mano è il suo sostegno, *
il mio braccio è la sua forza.
Su di lui non trionferà il nemico, *
né l’opprimerà l’iniquo.
Annienterò davanti a lui i suoi nemici *
e colpirò quelli che lo odiano.
La mia fedeltà e la mia grazia saranno con lui *
e nel mio nome si innalzerà la sua potenza.
Stenderò sul mare la sua mano *
e sui fiumi la sua destra.
Egli mi invocherà: Tu sei mio padre, *
mio Dio e roccia della mia salvezza.
Io lo costituirò mio primogenito, *
il più alto tra i re della terra.
Gli conserverò sempre la mia grazia, *
la mia alleanza gli sarà fedele.
Stabilirò per sempre la sua discendenza, *
il suo trono come i giorni del cielo.
Gloria al Padre e al Figlio *
e allo Spirito santo.
Come era nel principio e ora e sempre *
nei secoli dei secoli. Amen.
Ant. 2 «Ho portato aiuto al mio consacrato, *
ho esaltato il suo animo forte».
III (31-38)
Ant. 3 Abbi pietà della tua creatura, o Dio; *
non disprezzare la tua stessa immagine.
Se i suoi figli abbandoneranno la mia legge *
e non seguiranno i miei decreti,
se violeranno i miei statuti *
e non osserveranno i miei comandi,
punirò con la verga il loro peccato *
e con flagelli la loro colpa.
Ma non gli toglierò la mia grazia *
e alla mia fedeltà non verrò mai meno.
Non violerò la mia alleanza; *
non muterò la mia promessa.
Sulla mia santità ho giurato una volta per sempre: *
certo non mentirò a Davide.
In eterno durerà la sua discendenza, *
il suo trono davanti a me quanto il sole,
sempre saldo come la luna, *
testimone fedele nel cielo».
Gloria al Padre e al Figlio *
e allo Spirito santo.
Come era nel principio e ora e sempre *
nei secoli dei secoli. Amen.
Ant. 3 Abbi pietà della tua creatura, o Dio; *
non disprezzare la tua stessa immagine.
Kyrie eleison, Kyrie eleison, Kyrie eleison.
V Tu sei benedetto, Signore.
R Amen.
L Benedicimi, Padre.
V Per Cristo, che è via e verità,
la divina Maestà ci benedica.
R Amen.
PRIMA LETTURA
Eb 4, 1-13
Dalla lettera agli Ebrei
La promessa del riposo di Dio
Dobbiamo temere che, mentre ancora rimane in vigore la promessa di entrare nel riposo di Dio, qualcuno di voi ne sia giudicato escluso. Poiché anche a noi, al pari di quelli [che non avevano creduto], è stata annunziata una buona novella: purtroppo però a quelli la parola udita non giovò in nulla, non essendo rimasti uniti grazie alla fede con coloro che avevano ascoltato. Infatti possiamo entrare in quel riposo solo noi che abbiamo creduto, secondo ciò che egli ha detto: «Sicché ho giurato nella mia ira: Non entreranno nel mio riposo!» (Sal 94, 11).
Questo, benché le opere di Dio fossero compiute fin dalla fondazione del mondo. Si dice infatti in qualche luogo a proposito del settimo giorno: «E Dio si riposò nel settimo giorno da tutte le opere sue» (Gn 2, 2). E ancora nel passo del salmo: «Non entreranno nel mio riposo!». Poiché dunque risulta che alcuni debbano ancora entrare in quel riposo e quelli che per primi ricevettero la buona novella non entrarono a causa della loro disobbedienza, egli fissa di nuovo un giorno, un «oggi», dicendo per mezzo di Davide dopo tanto tempo, come è stato già riferito: «Oggi, se udite la sua voce, non indurite i vostri cuori!» (Sal 94, 8).
Se Giosuè infatti li avesse introdotti in quel riposo, Dio non avrebbe parlato, in seguito, di un altro giorno. È dunque riservato ancora un riposo sabbatico per il popolo di Dio. Chi è entrato infatti nel suo riposo, riposa egli pure dalle sue opere, come Dio dalle proprie.
Affrettiamoci dunque ad entrare in quel riposo, perché nessuno cada nello stesso tipo di disobbedienza. Infatti la parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, delle giunture e delle midolla e scruta i sentimenti e i pensieri del cuore. Non v’è creatura che possa nascondersi davanti a lui, ma tutto è nudo e scoperto agli occhi suoi e a lui noi dobbiamo rendere conto.
RESPONSORIO
Est 4, 17g; Sal 29, 12-13
R Sii propizio, Signore, al tuo popolo
e cambia il nostro lutto
nella gioia.
V Hai mutato il mio lamento in danza,
la mia veste di sacco in abito di festa,
perché io possa cantare a te, mia gloria,
nella gioia.
L Benedicimi, Padre.
V La grazia dello Spirito santo
illumini i nostri sensi e il nostro cuore.
R Amen.
SECONDA LETTURA
Dal «Trattato su Matteo VI, 19-21» di san Cromazio di Aquileia, vescovo
(Tract. XXX, I, 1-2; II, 1-2; III, 1-2: CCL IX A, 341-343)
Il nostro tesoro deve essere in cielo
Il Signore disse: «Non ammassate tesori in terra» (Mt 6, 19). Il Signore ci proibisce di ammassare tesori in terra, dove tutto è debole e caduco. È infatti contrario alla fede e alla salvezza desiderare questi tesori terreni, cercare le ricchezze temporali, perseguire le sostanze mondane, che le tignole possono guastare, la ruggine distruggere, i ladri rubare. Poiché tutti quelli che vorranno ammassare tesori più in terra che in cielo non possono avere i tesori della vita eterna, del cielo, come dice lo stesso Signore: «Difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli» (Mt 19, 23). Così anche l’Apostolo: «Quelli che vogliono diventare ricchi, cadono nella tentazione e nella trappola del diavolo» (1Tm 6, 9).
Per tale motivo il Signore vuole che riponiamo i nostri tesori non in terra, dove possono perire, ma in cielo, dove nessuna avversità ha il sopravvento, non li disseppelliscono i ladri, cioè il diavolo e i suoi angeli, né li danneggiano la tignola e la ruggine, cioè i peccati che dominano in questo mondo. Come noi dobbiamo riporre questo tesoro in cielo, ci insegna lo stesso Signore nel vangelo, dicendo a quel giovane: «Va’, vendi tutto ciò che hai, danne il ricavato ai poveri, e avrai un tesoro in cielo» (Mt 19, 21). Ci viene dunque comandato di riporre in cielo mediante le opere della giustizia e i meriti della pietà e della misericordia simili tesori, che sono eterni e incorruttibili e non possono perire. Infatti si ripone in cielo tutto ciò che, secondo la parola infallibile della Scrittura, si distribuisce a vantaggio dei poveri, poiché la Scrittura dice: «Chi dà al povero, presta a Dio» (Prv 19, 17). Perciò anche ai tempi degli apostoli, vediamo che i fedeli, memori di questo insegnamento del Signore, accumularono i loro tesori in cielo, essi che, venduti tutti i loro beni, trasferirono nel regno celeste i tesori terreni.
E perciò il Signore aggiunse queste parole: «Dove sarà il tuo tesoro, ivi sarà il tuo cuore» (Mt 6, 21). Perché, se mediante le opere buone ammassiamo tesori in cielo, dove c’è ogni nostra speranza e salvezza, dove ci attende la vita eterna, pur trovandoci in terra, dobbiamo aver sempre il cuore in cielo. Ma non può aver il cuore in cielo chi, vittima della cupidigia del mondo, preferirà ammassare piuttosto tesori in terra. Giustamente anche il santo apostolo esorta gli stessi ricchi del mondo, spiegando come possono ottenere questo tesoro celeste: «Raccomando ai ricchi di questo mondo di non nutrire pensieri di superbia e di non porre la loro speranza in ricchezze malsicure, ma nel Dio vivo, che ci offre in abbondanza ogni cosa perché ne usiamo: facciano del bene, siano ricchi in opere buone, diano con facilità, facciano parte dei loro beni, accumulino tesori per il futuro per ottenere la vera vita» (1Tm 6, 17-19), da colui che è l’autore della vita e dell’immortalità eterna, al quale è lode e gloria nei secoli dei secoli. Amen.
SECONDA LETTURA
Dalla lettera enciclica Sacerdotalis Caelibatus di san Paolo VI, papa
(nn. 50-56 passim in Enchiridion delle Encicliche 7, nn. 1074-1080 passim)
Il celibato e i valori umani
La Chiesa non ignora che la scelta del sacro celibato, importando una serie di severe rinunzie che toccano l'uomo nel profondo, comporta anche gravi difficoltà e problemi, ai quali sono particolarmente sensibili gli uomini d'oggi. [...]
La Chiesa, d'altra parte, non può e non deve ignorare che alla scelta del celibato - se è fatta con umana e cristiana prudenza e responsabilità - presiede la grazia, la quale non distrugge e non fa violenza alla natura, ma la eleva e le dà soprannaturali capacità e vigore. Dio, che ha creato l'uomo e lo ha redento, sa che cosa gli può chiedere e gli dà tutto quanto è necessario, affinché possa fare ciò che il suo Creatore e Redentore gli chiede. Sant'Agostino, il quale aveva ampiamente e dolorosamente sperimentato in se stesso la natura dell'uomo, esclamava: Da' ciò che comandi, e comanda ciò che vuoi.
La conoscenza leale delle reali difficoltà del celibato è assai utile, anzi necessaria al sacerdote, perché egli si renda conto in piena coscienza di ciò che il suo celibato richiede per essere autentico e benefico; ma con uguale lealtà non si deve attribuire a quelle difficoltà un valore e un peso maggiore di quello che esse effettivamente hanno nel contesto umano o religioso, o dichiararle di impossibile soluzione.
Non è giusto ripetere ancora, dopo quanto la scienza ha ormai accertato, che il celibato sia contro la natura, dal momento che avversa esigenze fisiche, psicologiche e affettive legittime, il compimento delle quali sarebbe necessario per completare e maturare la personalità umana. L'uomo, creato a immagine e somiglianza di Dio (Gen 1, 26-27), non è soltanto carne, e l'istinto sessuale non è tutto in lui; l'uomo è anche e soprattutto intelligenza, volontà, libertà: facoltà grazie alle quali egli è e deve ritenersi superiore all'universo: esse lo fanno dominatore dei propri appetiti fisici, psicologici e affettivi.
Il motivo vero e profondo del sacro celibato è - come abbiamo detto - la scelta di una relazione personale più intima e completa con il mistero di Cristo e della Chiesa a vantaggio della intera umanità; in questa scelta, non c'è dubbio che quei supremi valori umani abbiano modo di esprimersi in massimo grado.
La scelta del celibato non comporta l'ignoranza e il disprezzo dell'istinto sessuale e dell'affettività, il che nuocerebbe all'equilibrio fisico e psicologico del sacerdote, ma esige lucida comprensione, attento dominio di sé e sapiente sublimazione della propria psiche su un piano superiore. In tal modo, il celibato, elevando integralmente l'uomo, contribuisce effettivamente alla sua perfezione.
[...] Nel cuore del sacerdote non è spento l'amore. Attinta alla più pura sorgente (cf. 1Gv 4, 8-16), esercitata a imitazione di Dio e di Cristo, la carità, non meno di Ogni autentico amore, è esigente e concreta (cf. 1Gv 3, 16-18), allarga all'infinito l'orizzonte del sacerdote, approfondisce e dilata il suo senso di responsabilità - indice di personalità matura -, educa in lui, come espressione di una più alta e vasta paternità, una pienezza e delicatezza di sentimenti che lo arricchiscono in sovrabbondante misura.
Se all’Ufficio delle Letture seguono immediatamente le Lodi si omettono l’orazione seguente e l’introduzione di Lodi e si recita immediatamente il Cantico di Zaccaria.
ORAZIONE
Padre, fonte di vita immortale,
concedi ai tuoi servi fedeli
di sciogliersi da ogni avidità mondana
e di riporre ogni loro speranza
nella ricchezza celeste.
Per Gesù Cristo, tuo Figlio, nostro Signore e nostro Dio,
che vive e regna con te, nell’unità dello Spirito santo,
per tutti i secoli dei secoli.
Quando l'Ufficio delle letture si recita nelle ore notturne o nelle prime del mattino, invece dell'orazione riportata si può sempre dire l'orazione seguente:
Allontana, o Dio, ogni tenebra
dal cuore dei tuoi servi
e dona alle nostre menti la tua luce.
Per Gesù Cristo, tuo Figlio, nostro Signore e nostro Dio,
che vive e regna con te, nell’unità dello Spirito santo,
per tutti i secoli dei secoli.
CONCLUSIONE
V Benediciamo il Signore.
R Rendiamo grazie a Dio.