UFFICIO DELLE LETTURE

Domenica, 18 gennaio 2026

DOMENICA
DELLA SECONDA SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO

V   O Dio, vieni a salvarmi.
R   Signore, vieni presto in mio aiuto.

Gloria al Padre e al Figlio *
     e allo Spirito santo.
Come era nel principio e ora e sempre *
     nei secoli dei secoli. Amen.
Alleluia.

INNO

Dio disse: «Sia la luce!» E la luce fu (Gn 1, 3).

Quando l’Ufficio delle letture si dice nelle ore del giorno:

Col prodigio stupendo della luce,
rifulgente primizia,
hai dato origine al mondo
e all’implacabile corsa dei giorni.

Tu che hai domato il caos tenebroso
con l’alternarsi mirabile
di aurore e di tramonti,
ascolta, Padre, la voce che implora.

Oh! Non accada all’anima,
dispersa nei beni fuggevoli,
di legarsi ostinata nella colpa
e perdere la tua vita;

ma, immune dal peccato,
eluso ogni pericolo,
arrivi alla porta del cielo
ed entri al premio eterno.

Ascolta, Dio pietoso, la preghiera
per Gesù Cristo Signore,
che regna con te nei secoli
e con lo Spirito santo.   Amen.

latino

Lucis creátor óptime,
lucem diérum próferens,
primórdiis lucis novæ
mundi parans oríginem;

Qui mane iunctum vésperi
diem vocári præcipis:
tætrum chaos illábitur;
audi preces cum flétibus.

Ne mens graváta crímine
vitæ sit exsul múnere,
dum nil perénne cógitat
seséque culpis ílligat.

Cælórum pulset íntimum,
vitále tollat præmium;
vitémus omne nóxium,
purgémus omne péssimum.

Præsta, Pater piíssime,
per Iesum Christum Dóminum,
qui tecum in perpétuum
regnat cum sancto Spíritu.   Amen.

in canto

Prodigio stupendo è la luce!
Con essa origine hai dato
al mondo e alla corsa dei giorni,
o Padre, creatore potente.

Il caos tenebroso hai domato,
donandoci aurore e tramonti,
mirabile danza nel tempo:
ascoltaci, eterno Signore!

Il cuore dell’uomo assetato,
disperso nei beni fuggevoli,
non cerchi ostinato la colpa,
perdendo la vita e la pace;

ma, immune da ogni peccato,
elusi pericoli e inganni,
arrivi alla porta del cielo
ed entri felice nel regno.

Ascoltaci, Dio pietoso,
per Cristo Signore risorto:
uniti allo Spirito santo
vivete e regnate per sempre. Amen.

INNO

Quando l’Ufficio delle letture si dice nelle ore notturne o nelle prime ore del mattino:

La nostra lode accogli,
o Creatore eterno delle cose,
che, notte e giorno avvicendando,
rendi più vario e grato il tempo.

Alta regna la notte
e già s’ode il canto del gallo,
gioioso presagio di luce
all’ansia del viandante.

Si desta allora e ad oriente appare
la stella palpitante del mattino,
la torma squagliasi dei vagabondi,
abbandonando i vicoli del male.

Il gallo canta. La sua voce placa
il furioso fragore dell’onda;
e Pietro, roccia che fonda la Chiesa,
la colpa asterge con lacrime amare.

Orsù leviamoci animosi e pronti:
tutti risveglia il richiamo del gallo
e gli indolenti accusa che si attardano
sotto le coltri dormigliando ancora.

Il gallo canta. Torna la speranza:
l’infermo sente rifluir la vita,
il sicario nasconde il suo pugnale,
negli smarriti la fede rivive.

Gesù Signore, guardaci pietoso,
quando, tentati, incerti vacilliamo:
se tu ci guardi, le macchie dileguano
e il peccato si stempera nel pianto.

Tu, vera luce, nei cuori risplendi,
disperdi il torpore dell’anima:
a te sciolga il labbro devoto
la santa primizia dei canti.

Gloria a Dio Padre
e all’unico suo Figlio
con lo Spirito santo
nella distesa dei secoli.   Amen.

latino

Ætérne rerum Cónditor,
noctem diémque qui regis,
et témporum das témpora,
ut álleves fastídium;

Præco diéi iam sonat,
noctis profúndæ pérvigil,
noctúrna lux viantibus
a nocte noctem ségregans.

Hoc excitátus lúcifer
solvit polum calígine,
hoc omnis errónum chorus
vias nocéndi déserit.

Hoc nauta vires cólligit
pontíque mitescunt freta,
hoc ipse Petra Ecclésiæ
canénte culpam diluit.

Surgámus ergo strénue!
gallus iacentes excitat,
et somnoléntos íncrepat,
Gallus negantes arguit.

Gallo canénte spes redit,
ægris salus refúnditur,
mucro latrónis cónditur,
lapsis fides revértitur.

Iesu, labántes respice,
et nos vidéndo córrige,
si réspicis, lapsus cadunt,
fletúque culpa sólvitur.

Tu lux refúlge sensibus,
mentísque somnum díscute,
te nostra vox primum sonet
et ore solvámus tibi.

Deo Patri sit glória
eiúsque soli Fílio,
cum Spíritu Paráclito
in sempíterna sǽcula.   Amen.

in canto

Accogli nel canto la lode,
eterno Creatore del mondo,
che notte e giorno avvicendi
rendendo più vario il tempo.

Ancora la notte è oscura
e già si ode il canto del gallo,
gioioso presagio di luce
all’ansia dell’uomo in cammino.

Si desta e appare ad oriente
la stella del primo mattino;
la torma di uomini infidi
rifugge da vie tortuose.

Il canto del gallo è una voce
sul cupo fragore dell’onda;
e Pietro, la roccia di Cristo,
con lacrime asperge la colpa.

Leviamoci pronti e animosi:
il canto del gallo risveglia
e accusa i pigri indolenti,
che ancora nel sonno si attardano.

Così la speranza ritorna:
il male abbandona il violento,
fluisce la vita all’infermo,
la fede rivive nei cuori.

Clemente Signore, difendici:
incerti e tentati noi siamo!
Se guardi, le macchie dileguano:
nel pianto il peccato laviamo.

Tu, luce, risplendi nell’uomo,
disperdi il torpore dell’anima:
a te sciolga il labbro devoto
la santa primizia dei canti.

La gloria innalziamo al Padre
e all’unico Figlio risorto,
insieme allo Spirito santo,
per sempre nei secoli eterni. Amen.

CANTICO DEI TRE GIOVANI

Cfr. Dn 3, 52-56

Ogni creatura lodi il Signore

Benedetto sei tu, Signore, Dio dei padri nostri, *
     degno di lode e di gloria nei secoli.

Benedetto il tuo nome glorioso e santo, *
     degno di lode e di gloria nei secoli.

Benedetto sei tu nel tuo tempio santo glorioso, *
     degno di lode e di gloria nei secoli.

Benedetto sei tu sul trono del tuo regno, *
     degno di lode e di gloria nei secoli.

Benedetto sei tu che penetri con lo sguardo gli abissi †
     e siedi sui cherubini, *
     degno di lode e di gloria nei secoli.

Benedetto sei tu nel firmamento del cielo, *
     degno di lode e di gloria nei secoli.

Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito santo, *
     degno di lode e di gloria nei secoli.

Come era nel principio e ora e sempre
     nei secoli dei secoli, amen, *
     degno di lode e di gloria nei secoli.

SALMODIA

Cantico - 1Sam 2, 1-10

La mia guida e la speranza degli umili sono in Dio

Ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati (Lc 1, 52-53).

Ant. 1   Il mio cuore esulta nel Signore.

Il mio cuore esulta nel Signore, *
      la mia fronte s’innalza, grazie al mio Dio.
Si apre la mia bocca contro i miei nemici, *
     perché io godo del beneficio che mi hai concesso.

Non c’è santo come il Signore, *
     non c’è rocca come il nostro Dio.

Non moltiplicate i discorsi superbi, †
     dalla vostra bocca non esca arroganza; *
     perché il Signore è il Dio che sa tutto e le sue opere sono rette.

L’arco dei forti s’è spezzato, *
     ma i deboli sono rivestiti di vigore.

I sazi sono andati a giornata per un pane, *
     mentre gli affamati han cessato di faticare.
La sterile ha partorito sette volte *
     e la ricca di figli è sfiorita.

Il Signore fa morire e fa vivere, *
     scendere agli inferi e risalire.
Il Signore rende povero e arricchisce, *
     abbassa ed esalta.

Solleva dalla polvere il misero, *
     innalza il povero dalle immondizie,
per farli sedere con i capi del popolo, *
     e assegnare loro un seggio di gloria.

Perché al Signore appartengono i cardini della terra *
     e su di essi fa poggiare il mondo.

Sui passi dei giusti egli veglia, †
     ma gli empi svaniscono nelle tenebre *
     Certo non prevarrà l’uomo malgrado la sua forza.

Dal Signore saranno abbattuti i suoi avversari! *
     L’Altissimo tuonerà dal cielo.

Il Signore giudicherà gli estremi confini della terra; †
     al suo re darà la forza *
     ed eleverà la potenza del suo Messia.

Gloria al Padre e al Figlio *
     e allo Spirito santo.
Come era nel principio e ora e sempre *
     nei secoli dei secoli. Amen.

Ant. 1   Il mio cuore esulta nel Signore.

Cantico - Os 11, 1-4, 7-8a. c 9

Lode all’amore di Dio padre

Avete ricevuto uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: «Abbà, Padre!» (Rm 8, 15).

Ant. 2   Io ho amato Israele giovinetto, *
             mi sono chinato su di lui
             per dargli da mangiare.

Quando Israele era giovinetto, io l’ho amato *
     e dall’Egitto ho chiamato mio figlio.

Ma più li chiamavo, *
     più da me si allontanavano;
immolavano vittime ai Baal, *
     agli idoli bruciavano incensi.

Ad Efraim io insegnavo a camminare †
     tenendolo per mano, *
     ma essi non compresero che avevo cura di loro.

Io li traevo con legami di dolcezza, *
     con vincoli d’amore;

ero per loro come chi solleva un bimbo alla sua guancia; *
     mi chinavo su di lui per dargli da mangiare.

Il mio popolo è duro a convertirsi: †
     chiamato a guardare in alto, *
     nessuno sa sollevare lo sguardo.

Come potrei abbandonarti, Efraim, *
     come consegnarti ad altri, Israele?

Il mio cuore dentro di me si commuove, *
     il mio intimo freme di compassione.

Non darò sfogo all’ardore della mia ira, *
     non tornerò a distruggere Efraim,

perché sono Dio e non uomo; †
     sono il Santo in mezzo a te *
     e non verrò nella mia ira.

Gloria al Padre e al Figlio *
     e allo Spirito santo.
Come era nel principio e ora e sempre *
     nei secoli dei secoli. Amen.

Ant. 2   Io ho amato Israele giovinetto, *
             mi sono chinato su di lui
             per dargli da mangiare.

Cantico - Is 5, 1-7

Carme della vigna di Dio, Israele

«Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo» (Gv 15, 11).

Ant. 3   La vigna del Signore degli eserciti *
             è la casa d’Israele.

Canterò per il mio diletto *
     il mio cantico d’amore per la sua vigna.
Il mio diletto possedeva una vigna *
     sopra un fertile colle.

Egli l’aveva vangata e sgombrata dai sassi *
     e vi aveva piantato scelte viti;
vi aveva costruito in mezzo una torre *
     e scavato anche un tino.

Egli aspettò che producesse uva, *
     ma essa fece uva selvatica.

Or dunque, abitanti di Gerusalemme e uomini di Giuda, *
     siate voi giudici fra me e la mia vigna.

Che cosa dovevo fare ancora alla mia vigna *
     che io non abbia fatto?
Perché, mentre attendevo che producesse uva, *
     essa ha fatto uva selvatica?

Ora voglio farvi conoscere *
     ciò che sto per fare alla mia vigna:
toglierò la sua siepe e si trasformerà in pascolo; *
     demolirò il suo muro di cinta e verrà calpestata.

La renderò un deserto, *
     non sarà potata né vangata
e vi cresceranno rovi e pruni; *
     alle nubi comanderò di non mandarvi la pioggia.

Ebbene, la vigna del Signore degli eserciti †
     è la casa di Israele; *
     gli abitanti di Giuda la sua piantagione preferita.

Egli si aspettava giustizia *
     ed ecco spargimento di sangue,
attendeva rettitudine *
     ed ecco grida di oppressi.

Gloria al Padre e al Figlio *
     e allo Spirito santo.
Come era nel principio e ora e sempre *
     nei secoli dei secoli. Amen.

Ant. 3   La vigna del Signore degli eserciti *
             è la casa d’Israele.

Kyrie eleison, Kyrie eleison, Kyrie eleison.

V   Tu sei benedetto, Signore.
R   Amen.

L    Benedicimi, Padre.
V   Per Cristo, che è via e verità,
      la divina Maestà  ci benedica.
R   Amen.

PRIMA LETTURA

Rm 4, 1-25

Dalla lettera ai Romani di san Paolo, apostolo

Abramo giustificato per mezzo della fede

Che diremo di Abramo, nostro antenato secondo la carne? Se infatti Abramo è stato giustificato per le opere, certo ha di che gloriarsi, ma non davanti a Dio. Ora, che cosa dice la Scrittura? «Abramo ebbe fede in Dio e ciò gli fu accreditato come giustizia» (Gn 15, 6). A chi lavora, il salario non viene calcolato come un dono, ma come debito; a chi invece non lavora, ma crede in colui che giustifica l’empio, la sua fede gli viene accreditata come giustizia. Così anche Davide proclama beato l’uomo a cui Dio accredita la giustizia indipendentemente dalle opere:
«Beati quelli le cui iniquità sono state perdonate
e i peccati sono stati ricoperti;
beato l’uomo al quale il Signore
non mette in conto il peccato!» (Sal 31, 1ss.).
Orbene, questa beatitudine riguarda chi è circonciso o anche chi non è circonciso? Noi diciamo infatti che «la fede fu accreditata ad Abramo come giustizia» (Gn 15, 6). Come dunque gli fu accreditata? Quando era circonciso o quando non lo era? Non certo dopo la circoncisione, ma prima. Infatti egli ricevette il segno della circoncisione quale sigillo della giustizia derivante dalla fede che aveva già ottenuta quando non era ancora circonciso; questo perché fosse padre di tutti i non circoncisi che credono e perché anche a loro venisse accreditata la giustizia e fosse padre anche dei circoncisi, di quelli che non solo hanno la circoncisione, ma camminano anche sulle orme della fede del nostro padre Abramo prima della sua circoncisione.
Non infatti in virtù della legge fu data ad Abramo o alla sua discendenza la promessa di diventare erede del mondo, ma in virtù della giustizia che viene dalla fede; poiché se diventassero eredi coloro che provengono dalla legge, sarebbe resa vana la fede e nulla la promessa. La legge infatti provoca l’ira; al contrario, dove non c’è legge, non c’è nemmeno trasgressione. Eredi quindi si diventa per la fede, perché ciò sia per grazia e così la promessa sia sicura per tutta la discendenza, non soltanto per quella che deriva dalla legge, ma anche per quella che deriva dalla fede di Abramo, il quale è padre di tutti noi. Infatti sta scritto: «Ti ho costituito padre di molti popoli» (Gn 17, 5); [è nostro padre] davanti al Dio nel quale credette, che dà vita ai morti e chiama all’esistenza le cose che ancora non esistono. Egli ebbe fede sperando contro ogni speranza e così divenne padre di molti popoli, come gli era stato detto: «Così sarà la tua discendenza» (Gn 15, 5). Egli non vacillò nella fede, pur vedendo già come morto il proprio corpo – aveva circa cento anni – e morto il seno di Sara. Per la promessa di Dio non esitò con incredulità, ma si rafforzò nella fede e diede gloria a Dio, pienamente convinto che quanto egli aveva promesso era anche capace di portarlo a compimento. Ecco perché «gli fu accreditato come giustizia» (Gn 15, 6).
E non soltanto per lui è stato scritto che gli fu accreditato come giustizia, ma anche per noi, ai quali sarà egualmente accreditato: a noi che crediamo in colui che ha risuscitato dai morti Gesù nostro Signore, il quale è stato messo a morte per i nostri peccati ed è stato risuscitato per la nostra giustificazione.

RESPONSORIO

Cfr. Sal 56, 2; 69, 5

R   Non abbandonarmi, o Dio,
      nella tribolazione:
           gioia e allegrezza grande
           per quelli che ti cercano, Signore.

V   Mi rifugio all’ombra delle tue ali,
      finché sia passato il pericolo:
           gioia e allegrezza grande
           per quelli che ti cercano, Signore.

L    Benedicimi, Padre.
V   La grazia dello Spirito santo
      illumini i nostri sensi e il nostro cuore.
R   Amen.

SECONDA LETTURA

Dalla «Lettera ai Corinzi» di san Clemente I, papa

(Capp. 31-33: Funk 1, 99-103)
Fin da principio Dio ha giustificato tutti per mezzo della fede

Meditiamo attentamente il mistero della benedizione che Dio dà agli uomini e vediamo quali sono le vie che conducono ad essa. Ripercorriamo gli avvenimenti fin dall’inizio.
Per qual motivo il nostro patriarca Abramo fu benedetto? Non forse perché operò la giustizia e la verità mediante la fede? Isacco, pieno di fiducia si lasciò condurre di buon grado al sacrificio, conoscendo il futuro. Giacobbe in umiltà, a motivo del fratello, abbandonò la sua terra e si recò da Làbano cui prestò servizio, e gli furono dati i dodici scettri di Israele. Ora se qualcuno, con animo sincero, passa in rassegna a uno a uno i doni che Dio ha concesso, ne riconoscerà la magnificenza. Da Giacobbe infatti ebbero origine tutti i sacerdoti e i leviti che servono all’altare di Dio, da lui viene il Signore Gesù secondo la carne, da lui i re, i principi e i condottieri della tribù di Giuda. E neppure le altre sue tribù si trovano in minore onore, per il fatto che il Signore promette: «La tua discendenza sarà numerosa come le stelle del cielo» (Gn 15, 5; 22, 17; 26, 4).
Tutti costoro dunque si sono acquistati gloria e grandezza non da sé stessi o per le loro opere o per la giustizia con cui hanno agito, ma piuttosto per la volontà di Dio. Anche noi perciò, chiamati nel Cristo Gesù, in grazia della sua volontà, siamo giustificati non per nostro merito, né per la nostra sapienza o intelligenza o pietà o altra opera che possiamo aver compiuto sia pure con santità di intenzione, ma per mezzo della fede, con la quale Dio onnipotente ha giustificato tutti fin da principio. A lui sia gloria nei secoli dei secoli. Amen.
Che cosa faremo allora, o fratelli? Cesseremo dalle buone opere e abbandoneremo la carità? Il Signore mai permetta che ci succeda tale sventura, ma affrettiamoci a compiere ogni opera buona. Anzi siano proprio le opere sante fonte della nostra gioia. Imitiamo in ciò il Creatore e Signore di tutte le cose che gioisce di quanto compie. Egli ha reso stabili i cieli con la sua sovrana potenza e li ha ordinati con la incomprensibile sapienza; separò pure la terra dall’acqua che la circonda e la consolidò sul sicuro fondamento della sua volontà. Chiamò all’esistenza, con un suo comando, gli animali che si muovono sulla terra; così pure, avendo prima predisposto il mare, vi rinchiuse con la sua potenza gli animali che in esso vivono. Al di sopra di tutto plasmò con le sue mani sante e purissime quell’essere superiore ed eccelso che è l’uomo, quale espressione della sua immagine. Così dice infatti Dio: Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza; e Dio fece l’uomo, maschio e femmina li creò (cfr. Gn 1, 26-27). Compiuta la creazione, la trovò bella, la benedisse e comandò agli esseri viventi: «Siate fecondi e moltiplicatevi» (Gn 1, 28).
Teniamo presente come tutti i giusti si adornarono di buone opere, e come lo stesso Signore se ne ornò per parte sua e ne gioì. Davanti a un tal modello, aderiamo con prontezza alla sua volontà e con ogni energia compiamo le opere della giustizia.

TE DEUM

Noi ti lodiamo, Dio, *
ti proclamiamo Signore.
O eterno Padre, *
tutta la terra ti adora.

A te cantano gli angeli *
e tutte le potenze dei cieli:
Santo, Santo, Santo *
il Signore Dio dell’universo.

I cieli e la terra *
sono pieni della tua gloria.
Ti acclama il coro degli apostoli *
e la candida schiera dei martiri;

le voci dei profeti si uniscono nella tua lode; *
la santa Chiesa proclama la tua gloria,
adora il tuo unico Figlio, *
e lo Spirito Santo Paraclito.

O Cristo, re della gloria, *
eterno Figlio del Padre,
tu nascesti dalla Vergine Madre *
per la salvezza dell’uomo.

Vincitore della morte, *
hai aperto ai credenti il regno dei cieli.
Tu siedi alla destra di Dio, nella gloria del Padre. *
Verrai a giudicare il mondo alla fine dei tempi.

Soccorri i tuoi figli, Signore, *
che hai redento col tuo sangue prezioso.
Accoglici nella tua gloria *
nell’assemblea dei santi.

Salva il tuo popolo, Signore, *
guida e proteggi i tuoi figli.
Ogni giorno ti benediciamo, *
Lodiamo il tuo nome per sempre.

Degnati oggi, Signore, *
di custodirci senza peccato.
Sia sempre con noi la tua misericordia: *
in te abbiamo sperato.

Pietà di noi, Signore, *
pietà di noi.
Tu sei la nostra speranza, *
non saremo confusi in eterno.

TE DEUM

Te Deum laudámus: *
     te Dóminum confitémur.
Te ætérnum Patrem *
     omnis terra venerátur.

Tibi omnes ángeli, *
     tibi cæli et univérsæ potestátes:
tibi chérubim et séraphim *
     incessábili voce proclámant:

Sanctus, Sanctus, Sanctus *
     Dóminus Deus Sábaoth.
Pleni sunt cæli et terra *
     maiestátis glóriæ tuæ.

Te gloriósus *
     apostolórum chorus,
te prophetárum *
     laudábilis númerus,
te mártyrum candidátus *
     laudat exércitus.

Te per orbem terrárum *
     sancta confitétur Ecclésia
Patrem *
     Imménsæ maiestátis,

venerándum tuum verum *
     et únicum Filium,
Sanctum quoque *
     Paráclitum Spíritum.

Te rex glóriæ, *
     Christe.
Tu Patris *
     sempitérnus es Fílius.
Tu, ad liberándum susceptúrus hóminem, *
     non horruísti Vírginis úterum.

Tu, devícto mortis acúleo, *
     apertuísti credéntibus regna cælórum.
Tu ad déxteram Dei sedes, *
     in glória Patris.
Iudex *
     créderis esse ventúrus.

Te ergo, quæsumus, tuis fámulis súbveni, *
     quos pretióso sánguine redemísti.
Ætérna fac cum sanctis tuis *
     in glória numerári.

Salvum fac pópulum tuum, Dómine, *
     et bénedic hereditáti tuæ.
Et rege eos, *
     et extólle illos usque in ætérnum,.

Per síngulos dies *
     benedícimus te;
et laudámus nomen tuum in sæculum, *
     et in sæculum sæculi.

Dignáre, Dómine, die isto *
     sine peccáto nos custodire.
Miserére nostri, Dómine, *
     miserére nostri.

Fiat misericórdia tua, Dómine, super nos, *
     quemádmodum sperávimus in te.
In te, Dómine, sperávi: *
     non confúndar in ætérnum.

Se all’Ufficio delle Letture seguono immediatamente le Lodi si omettono l’orazione seguente e l’introduzione di Lodi e si recita immediatamente il Cantico di Zaccaria.

ORAZIONE

O Dio, che ti sei accompagnato
ai tre giovani nella fornace infocata
mitigando con la tua potenza
l’ardore e l’impeto delle fiamme,
proteggi e libera dall’insidia del male
la vita dei tuoi servi.
Per Gesù Cristo, tuo Figlio, nostro Signore e nostro Dio,
che vive e regna con te, nell’unità dello Spirito santo,
per tutti i secoli dei secoli.


Quando l'Ufficio delle letture si recita nelle ore notturne o nelle prime del mattino, invece dell'orazione riportata si può sempre dire l'orazione seguente:

Allontana, o Dio, ogni tenebra
dal cuore dei tuoi servi
e dona alle nostre menti la tua luce.
Per Gesù Cristo, tuo Figlio, nostro Signore e nostro Dio,
che vive e regna con te, nell’unità dello Spirito santo,
per tutti i secoli dei secoli.

CONCLUSIONE

V   Benediciamo il Signore.
R   Rendiamo grazie a Dio.