LA NOSTRA COSCIENZA UMANA NON È SPENTA DEL TUTTO
Pubblicato il 16/10/2025
Nei nostri tempi anestetizzati non mancano segnali incoraggianti di uomini e donne che fanno scelte controcorrente.
Cari amici lettori, c'è una parola che in questi giorni mi gira per la testa e a cui non riesco a non pensare. Una parola che non usiamo di frequente in modo esplicito ma che pure usiamo - o non usiamo - di fatto, quando ci è chiesto di valutare, prendere posizione, decidere. Parlo della coscienza. In un tempo pur anestetizzato come il nostro, in cui si è preoccupati di sé stessi e poco più, vedo ancora dei segnali incoraggianti e vedo che tanti, uomini e donne, ascoltano la propria coscienza.
Per la tradizione cristiana, la coscienza è l'ultima istanza con cui l'uomo, anche non credente, risponde a Dio (Gaudium et spes, n. 16). Allora vedo la coscienza che si può reagire all'assurdità della guerra nella cantante russa Alla Pugacheva che - in esilio fuori dalla Russia, ma ancora popolarissima in patria, con milioni di follower - condanna apertamente Putin e la sua decisione di invadere l'Ucraina: «Esiste una cosa che si chiama coscienza, e vale più della fama e del lusso», ha dichiarato. Con l'inizio della guerra in Ucraina, si è sentita tradita dal suo governo: «Dire alla patria che ha torto, questo significa essere dei veri patrioti».
Vedo una coscienza che ancora sa indignarsi e lasciarsi muovere, in fondo, da sentimenti di compassione negli attivisti della Global Sumud Flotilla: si può rimproverare loro una dose di idealismo, discutere sull'opportunità e l'efficacia dell'iniziativa, ma certo hanno saputo attirare l'attenzione del mondo sulle violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale del governo israeliano, in un'iniziativa per la quale ai governi europei e mancato Il coraggio.
Vedo una coscienza critica in quegli intellettuali, scrittori, giornalisti ebrei, dentro e fuori Israele, che sanno leggere criticamente le scelte distruttive del governo di Gerusalemme (loro non li si può tacciare certo di antisemitismo) e che credono ancora nella possibilità di costruire una convivenza pacifica tra due popoli.
Vedo una coscienza nella vicenda di Pasquale Boccia che, dopo anni nella malavita e nella droga, ha saputo cambiare vita perché ha visto quanto le proprie scelte fossero distruttive per chi gli stava accanto.
Compito di una coscienza cristiana è saper leggere le vicende avendo «lo sguardo di Cristo sul mondo», ha detto papa Leone ai gesuiti di Civiltà cattolica. Mi vengono in mente le parole di Dietrich Bonhoeffer, il teologo luterano impiccato in un lager nazista per aver partecipato alla cospirazione di un circolo di resistenti tedeschi contro Hitler. Riflettendo sulla compassione, scrive: «Noi non siamo Cristo (quanto alla capacità di condividere realmente le sofferenze degli altri, ndr) ma, se vogliamo essere cristiani, dobbiamo condividere la sua grandezza di cuore nell'azione responsabile, che accetta liberamente l'ora e si espone al pericolo, nell'autentica compassione che nasce non dalla paura, ma dall'amore liberatore e redentore di Cristo per tutti coloro che soffrono» (Dieci anni dopo).
La generosità di quanti donano, manifestano sinceramente e pacificamente, fanno quel bene che possono, mi convince che la nostra coscienza umana non è ancora del tutto spenta. Nonostante tutto.
di: don Vincenzo Vitale
da: Credere 41/2025
Commenti
Il tuo commento
Ancora nessun commento pubblicato per questo articolo.
