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Pubblicato il 16/10/2025
Chi ha esperienza, sa che ascoltare (e sapere di poter essere ascoltati, senza giudizi) è fondamentale per vivere
Cari amici lettori, piccole grandi cose a volte avvengono nel silenzio ma finiscono per generare novità, entrando piano piano nella vita. Mi riferisco a un'iniziativa giubilare di cui si è parlato poco - a mia conoscenza - ma che ha un grande valore esemplare, anche per il luogo a cui è legata: la "porta dell'ascolto". In analogia con la Porta santa e il suo forte valore simbolico di passaggio, di comunicazione passando una soglia, è stata creata - nella basilica di San Pietro, cioè nel cuore della cattolicità - una "sala dell'ascolto". «È uno spazio aperto, un'occasione d'incontro dove un fratello, sacerdote, religiosa, laico, ascolta l'altro fratello in umanità». Si tratta d'i qualcosa di diverso dalla confessione sacramentale, sottolinea monsignor Orazio Pepe, segretario della Fabbrica di San Pietro: «Un'occasione per svuotare il cuore dalle pesantezze, dai dolori che la vita riserva, dai dubbi e dalle domande esistenziali che non trovano risposte». Insomma, «una sosta che permette a tutti di dialogare con i propri pensieri e confrontarsi con un persona disponibile all'ascolto». Aperta a tutti, anche a persone dubbiose, di altre fedi, non credenti.
Ascolto: ecco la parola-chiave, in un tempo come il nostro caratterizzato dalla fretta, dall'ansia da prestazione, dal narcisismo e dall'esibizione di sé (o delle proprie opinioni), ma anche da profonde solitudini per mancanza di persone cui dare fiducia e a cui aprire il cuore. Chi ha esperienza, sa che ascoltare (e sapere di poter essere ascoltati, senza giudizio e pregiudizio) è una delle risorse più importanti per vivere. Quante parole ascoltate con animo aperto leniscono sofferenze, anche solo offrendo una presenza silenziosa ed empatica. In una Chiesa che in passato era abituata soprattutto a "parlare" e per di più da una posizione di autorità, l'attitudine a mettersi in ascolto - raccomandata e praticata da papa Francesco in tante occasioni e con gli interlocutori anche più scomodi (pensiamo ai sopravvissuti agli abusi) così come dal suo successore Leone XIV - giunge come un memento benefico. Si tratta, certo, di uno stile faticoso: non è facile ascoltare il dolore di chi ha perso un figlio, di chi deve fronteggiare una separazione o di chi subisce delle violenze... Ma si tratta di un atteggiamento necessario per la Chiesa, perché dona consolazione a chi si trova nella prova e nella sofferenza. Per questo motivo, il 15 settembre si è celebrato il Giubileo della consolazione. E come qualcuno ha proposto e altri già fanno, quello della consolazione dovrebbe diventare un vero ministero istituito, con persone dedicate, che abbiano attitudini e preparazione specifica.
L'Ascoltare, riferito alla parola di Dio, è un imperativo biblico fondamentale. Significa decentrarsi, dare spazio a un Altro. Ma poi c'è anche l'ascolto degli uomini e delle donne, delle loro storie, e della storia tout court. Un ascolto altrettanto fondamentale San Francesco, di cui celebriamo la memoria in questi giorni, parlava di «inclinare l'orecchio del cuore». Papa Francesco di una «pastorale dell'orecchio». E sant'Agostino, che ispira la spiritualità di papa Leone, diceva: «Non abbiate il cuore nelle orecchie ma le orecchie nel cuore». Una benefica virtù evangelica che dovrebbe entrare più spesso nella nostra vita e nelle nostre relazioni.
di: don Vincenzo Vitale
da: Credere 40/2025
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