INSEGNARE LA PACE NON SOLO SI PUÒ, MA SI DEVE
Pubblicato il 03/10/2025
Riarmo e guerra dominano il discorso pubblico. Alle comunità cristiane il compito di diventare "case della pace".
Si può insegnare la pace? Se guardiamo alle notizie di guerre e ai dati sul riarmo non solo si può, ma si deve. Perché la pace non è scontata e ha bisogno di una base solida nelle coscienze di tutti noi per farsi cultura e tradursi in gesti di speranza. […]
Nel 2024, la spesa per il riarmo dei 27 Stati membri dell'Unione europea ha raggiunto un livello record, toccando i 343 miliardi di euro. Una cifra senza precedenti, che marca un aumento del 19% rispetto al 2023. E per il 2025 è previsto un ulteriore incremento, stando ai dati dell'Agenzia europea per la difesa (Eda).
La logica della guerra (e del riarmo generalizzato, che ad essa quasi inevitabilmente conduce) è stata sdoganata anche nella nostra vecchia Europa. Di azioni militari, oggi, si parla troppo e con troppa facilità. Ma non si riflette abbastanza (per non dire affatto) sulle strade politiche alternative alla guerra, né tantomeno sulla costruzione di una cultura della pace: questi temi sono praticamente assenti nel dibattito pubblico.
Come credenti, questa situazione ci interpella. Parlando ai vescovi italiani lo scorso 17 giugno, papa Leone ha detto: «La relazione con Cristo ci chiama a sviluppare un'attenzione pastorale sul tema della pace». E ha spiegato, pensando alle parrocchie, ai quartieri, alle aree interne del Paese, alle periferie urbane ed esistenziali: «Lì dove le relazioni umane e sociali si fanno difficili e il conflitto prende forma, magari in modo sottile, deve farsi visibile una Chiesa capace di riconciliazione». Per questo motivo il Pontefice ha chiesto che «ogni diocesi possa promuovere per corsi di educazione alla nonviolenza, iniziative di mediazione nei conflitti locali, progetti di accoglienza che trasformino la paura dell'altro in opportunità di incontro». Ogni comunità, ha affermato, «diventi una "casa della pace", dove si impara a disinnescare l'ostilità attraverso il dialogo, dove si pratica la giustizia e si custodisce il perdono».
Si tratta, certamente, di una sfida enorme, perché la violenza attraversa ogni realtà umana e sociale. Perciò, è importante imparare la pace, con strumenti adeguati. Con pratiche di vita, come quella profetica di Franco Vaccari, il fondatore di "Rondine Cittadella della pace", dove convivono per un lungo periodo giovani provenienti da realtà nemiche, per educarsi alla riconciliazione. Ma anche con la riflessione, lo studio, le risorse che vengono dalla fede cristiana e dal ricco magistero cattolico.
La pace potrebbe apparire oggi un traguardo irraggiungibile. Ma lavorando per essa, dai livelli più "bassi", essa può nel tempo farsi strada e permeare il sentire di una società. «La pace non è un'utopia spirituale», spiegava ancora Leone ai vescovi italiani, «è una via umile, fatta di gesti quotidiani, che intreccia pazienza e coraggio, ascolto e azione. E che chiede oggi; più che mai, la nostra presenza vigile e generativa».
Cari amici lettori, la pace ha bisogno di cuori e mani. Da cuori trasformati e da mani pronte ad azioni, anche piccole. In una cultura che oggi sembra conoscere solo parole legate a guerra e inimicizia, abbiamo un tesoro prezioso da diffondere, a partire dal nostro quotidiano, insieme a ogni uomo e donna di buona volontà.
di: don Vincenzo Vitale
da: Credere 37/2025
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