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IL TRAUMA DI UN GIOVANE SACERDOTE SUICIDA

Pubblicato il 07/08/2025

Caro don Vincenzo, ho letto della terribile notizia del viceparroco di Cannobio morto suicida giovanissimo e molto amato dalla comunità. Come può suicidarsi un prete? Allora significa che non ha mai creduto alla sua vera missione che è quella di propagandare la vita attraverso il Vangelo! Al di là del disagio interiore perché non si è confidato? Perché non ha chiesto aiuto? Sono sconvolto. Era un ragazzo fragile anche questo? La prego di dare parole di conforto per la sua anima con la speranza che possa essere perdonata dal Signore.

Roberto Zappa

 

Caro Roberto, la tragedia di don Matteo Balzano - il prete 35enne di Cannobbio che si è tolto la vita lo scorso 5 luglio - ci ha lasciati tutti attoniti. Un suicidio che lascia tanto più interdetti perché sembrava una persona sorridente, felice del ministero, benvoluto dalla sua gente e in particolare dai giovani: non aveva dato segno di drammi interiori o di disagio. Allo choc che proviamo di fronte a un suicida si aggiunge il fatto che si tratta di un prete: com'è possibile che una persona chiamata a dare speranza arrivi a un gesto che sa di disperazione? Colpiscono le tante reazioni che ha suscitato la morte di don Matteo: dalle riflessioni di don Maurizio Patriciello sulle colonne di Avvenire alle parole di don Massimo Angelelli affidate all'Ansa. Ed è proprio il mistero nascosto in quel cuore, che a noi sfugge, che ci spinge comunque a cercare una "spiegazione" a un fatto così doloroso: E a provare ad allargare l'orizzonte. La vita del prete oggi non è facile, tanto più per uno giovane: il passaggio dall'ambiente "ordinato e regolare" del seminario al "mare aperto" della vita; la mancanza a volte di una guida spirituale, preziosa soprattutto nei primi anni di sacerdozio di fronte agli inevitabili "scogli" dell'esistenza; la fraternità, a volte "spigolosa", con gli altri preti; le attese (a volte eccessive) dei fedeli e della comunità, che creano pressione; le fragilità (magari non curate) che i giovani preti condividono con i propri coetanei, da cui non sono psicologicamente differenti; la solitudine, non tanto materiale, ma quella connessa a un ministero che rende in qualche misura "diversi"... Rimaniamo con delle ipotesi di fronte a un mistero più grande. Come ha suggerito il vescovo di Novara, Franco Giulio Brambilla, nell'omelia per le esequie di don Matteo lo scorso 8 luglio, non possiamo che «balbettare una risposta a proposito della tragedia che stiamo vivendo». E farci delle domande, come quelle suggerite dallo stesso vescovo in quell'occasione. La fragilità certamente oggi è un tema anche per i preti: di come la si cura negli anni di formazione, ma anche dopo. È un'acquisizione importante e il tema non è più tabù come un tempo. Avere il coraggio di affrontare le proprie fragilità, cercando i giusti aiuti, magari anche dalla psicologia, è importante per essere preti - e prima ancora persone - integrati, "risolti" e sereni. Le risposte alla propria fragilità sono diverse: chi lascia il ministero, chi cerca "scappatoie" mediocri, chi cade in depressione perché non si "sente all'altezza"... Di fronte a chi per qualsiasi ragione non ce l'ha fatta - ma inquieta e ci interroga che non abbia valutato nessun'altra opzione, come ha dichiarato don Angelelli all'Ansa -, non rimane che un'immensa pietas. Affidiamo don Massimo al Signore, che è più grande del nostro cuore e lo conosce come nessuno di noi può conoscerlo.


di: don Vincenzo Vitale
da: Credere 29/2025


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Giuseppe il giorno 22/07/2025 alle ore 06:19 ha commentato:

Condivido il dolore che ha fatto questa tragedia........ Ho letto tanti commenti e tante domande....... Ma nessuna risposta su come è avvenuto il suicidio!?!?!? Dei suicidi in carcere o altrove lo si dice....... Perché in questo caso no!?!?!? Grazie Gius Nessun commento solo una chiara domanda.