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ESSERE UNA SOLA COSA TRA NOI, CON GESÙ E CON LA VOLONTÀ DEL PADRE

Pubblicato il 07/08/2025

Nella comunione dall'unico pane di vita che è Cristo morto e risorto i molti fedeli diventano un solo corpo. 

Il dono della pace esprime la volontà dell'assemblea di costituire un solo corpo, e il suo impegno profetico di fronte al mondo. È manifestazione dell'assenso personale e comunitario a fare la volontà del Padre in terra, così come l'ha mediata Gesù.

La frazione del pane che ha inizio dopo lo scambio di pace è spiegata dall'Ordinamento generale del Messale romano (n. 83): «Il gesto della frazione del pane, compiuto da Cristo nell'ultima Cena, che sin dal tempo apostolico ha dato il nome a tutta l'azione eucaristica, significa che i molti fedeli, nella comunione dall'unico pane di vita, che è il Cristo morto e risorto per la salvezza del mondo, costituiscono un solo corpo (1Cor 10, 17)». Una parte dell'ostia è messa nel calice. Il nuovo Messale chiede che questo gesto sia compiuto «con il necessario rispetto», quindi non in modo distratto o frettoloso. Non si tratta più di un gesto funzionale e il nuovo Messale lo spiega così: «Il sacerdote spezza il pane e mette una parte dell'ostia nel calice, per significare l'unità del Corpo e del Sangue di Cristo nell'opera della salvezza, cioè del Corpo di Cristo Gesù vivente e glorioso». Questo ci dice che unica è la comunione all'unico Corpo e Sangue di Cristo. Ecco perché il nuovo Messale insiste: «Si desidera vivamente che i fedeli, come anche il sacerdote è tenuto a fare, ricevano il Corpo del Signore con ostie consacrate nella stessa Messa e, nei casi previsti, facciano la comunione al calice, perché, anche per mezzo dei segni, la comunione appaia meglio come partecipazione al sacrificio in atto» (n. 85).

Unità che viene ribadita dal canto che accompagna la processione dei fedeli che si accostano all'altare per comunicarsi: «Mentre il sacerdote assume il Sacramento, si inizia il canto di comunione: con esso si esprime, mediante l'accordo delle voci, l'unione spirituale di coloro che si comunicano, si manifesta la gioia del cuore e si pone maggiormente in luce il carattere “comunitario” della processione di coloro che si accostano a ricevere l’Eucaristia» (n. 86).

La Comunione "sotto le due specie" sia sapientemente promossa perché «grazie alla forma più chiara del segno sacramentale, si ha modo di penetrare più profondamente il mistero al quale i fedeli partecipano» (Ordinamento, n. 14). Era il desiderio espresso da san Paolo VI nel Proemio e che segna il ritorno alla tradizione che risale a Gesù e che dà continuità alle due Alleanze: «Questo è il mio Corpo, che è per voi; questo calice è la nuova alleanza nel mio Sangue», dice il Signore. «Ogni volta che ne mangiate e ne bevete, fate questo in memoria di me» (1Cor 11, 24-25).

Qui le parole e i canti dell'assemblea in processione si mescolano e fanno unità con le parole e i gesti di Gesù. Parole e gesti ci aiutano non solo a capire, ma ci permettono di vivere - pur nella povertà dei gesti - quell'essere una cosa sola tra noi, con Gesù e con la volontà del Padre.

Questo momento della celebrazione, questo camminare assieme verso il Cristo che ci dona nel sacramento il suo Corpo e il suo Sangue, non ammette distrazioni e superficialità.


di: don Carlo Cibien
da: Credere 13/2024
foto: https://www.famigliacristiana.it/articolo/quante-volte-e-lecito-fare-la-comunione.aspx


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