PAPA FRANCESCO, LO SGUARDO DA GESÙ AL MONDO E AI SUOI DRAMMI
Pubblicato il 22/05/2025
Ci ha regalato la sua presenza umile e fraterna, forte e rispettosa, insegnandoci l'amore per i piccoli e gli esclusi.
Cari amici lettori, lo sapete già tutti: il 21aprile scorso, alle 7,35 di mattina, papa Francesco ci ha lasciati. Ha seminato molto in dodici anni di pontificato: parole, gesti, documenti. Ci ha affiancati come una guida autorevole ma paterna, indicandoci mete da perseguire e strade da percorrere. Ci ha stimolato e pungolato con le parole del Vangelo, perché le nostre vite abbiano sempre più il profumo del Vangelo. Ci ha regalato la sua presenza umile e fraterna, forte ma rispettosa, insegnandoci l'amore per i piccoli, i disprezzati, gli esclusi.
È davvero difficile racchiudere la sua figura in una formula o anche solo un ritratto sintetico, tanto è sfaccettata e complessa la persona che ha incarnato il ministero petrino in questi dodici anni. Forse l'immagine che gli si addice di più è proprio quella del poliedro, una figura geometriche che aveva evocato in Evangelii gaudium (n. 236) in opposizione alla sfera che, invece, appiattisce le differenze. Mi piace ricordare alcuni momenti che hanno segnato l'inizio e la fine del pontificato di Francesco.
Il momento della morte rispecchia qualcosa di ogni Pontefice: Paolo VI è morto il 6 agosto, nel caldo di una Roma deserta; di Giovanni Paolo II abbiamo seguito la sofferenza fino all'ultimo, testimoni della sua partecipazione alla croce. Papa Francesco ha terminato la sua corsa così come aveva cominciato il pontificato: con la gente. «Adesso incominciamo questo cammino, il vescovo e il popolo...», aveva esordito quel 13 aprile 2013. A Pasqua, il giorno precedente alla sua morte, ha voluto rivolgere un breve augurio a tutti e quasi abbracciare ancora una volta la folla in piazza San Pietro. In questo servizio al popolo di Dio si è speso senza sosta, fino all'ultimo, nella salute e nella malattia. Inizio e fine del suo pontificato si toccano per un altro aspetto: la prima uscita pubblica di Francesco dal Vaticano è stata per andare a Lampedusa, per commemorare le migliaia di migranti lasciati morire nel Mediterraneo. L'ultima uscita, pochi giorni prima della morte, è stata per il Giovedì santo nel carcere romano di Regina Coeli. Un cerchio simbolico che si chiude: il primato dato ai poveri. Quei poveri che per papa Francesco sono al «cuore del Vangelo».
Per concludere vorrei ricordare il suo ultimo Angelus, la domenica di Pasqua. Quasi un testamento, che racchiude il cuore pulsante e invisibile del suo pontificato: da una parte lo sguardo sul mondo, con i suoi drammi e i suoi smarrimenti, dall'altra Colui che genera quello sguardo, con una bellissima citazione di De Lubac: «Dovrà esserci sufficiente di comprendere questo: il cristianesimo è Cristo. No, veramente, non c'è nient'altro che questo. In Cristo noi abbiamo tutto». E concludeva la riflessione su «questo "tutto" che è il Cristo risorto»: «Nello stupore della fede pasquale, portando nel cuore ogni attesa di pace e di liberazione, possiamo dire: con Te, o Signore, tutto è nuovo. Con Te, tutto ricomincia». Un cantico alla speranza e alle grandi parole della fede cristiana che nasce dallo sguardo sul Vivente.
Ringraziamo il Signore, cari amici, per averci donato papa Francesco. Preghiamo per lui con tutto il nostro affetto. Ricordiamo il suo ricco e poliedrico magistero, perché quanto ha seminato porti frutto in questo smarrito terzo millennio.
di: don Vincenzo Vitale
da: Credere 18/2025
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