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FARE LA COMUNIONE, UN GESTO DIVINAMENTE PIENO E TRABOCCANTE

Pubblicato il 12/06/2025

Con la comunione sacramentale si attua la piena partecipazione alla Messa: un gesto che va curato.

Se è fondamentale la formazione del clero e di chi presta il suo servizio all'altare e all'ambone, non meno importante è l'educazione generale dei fedeli affidata ai loro pastori. Abbiamo avuto una sessantina d'anni - dal concilio ecumenico Vaticano II - per attuarla con cura. In alcuni casi, purtroppo, non è mai iniziata o procede a fatica.

Ci soffermiamo ora su un gesto fondante la celebrazione eucaristica, e sulle parole e i canti che lo accompagnano: la distribuzione della comunione. Nelle loro Precisazioni i vescovi italiani ci ricordano che «La piena partecipazione alla Messa si attua e si manifesta con la comunione sacramentale». Circa le modalità, essi ribadiscono: «l fedeli si comunichino abitualmente in piedi, avvicinandosi processionalmente all'altare o al luogo ove si trova il ministro. Il comunicando riceve il pane eucaristico in bocca o sulla mano, come preferisce... Chi lo riceve sulle mani, protese entrambe verso il ministro (la sinistra sopra la destra) ad accogliere con riverenza e rispetto il Corpo di Cristo, lo porterà alla bocca davanti al ministro o spostandosi appena di lato per consentire al fedele che segue di avanzare» (Ordinamento generale del Messale romano, nn. 160-161 e 12).

La pandemia ha suggerito - oltre a queste indicazioni - alcune semplici profilassi (regole igieniche) temporanee. Ne sono nate reazioni diverse che hanno messo in luce le nostre variegate capacità recettive, non sempre guidate da ragionevolezza e rispetto reciproco.

Anche nel caso della "comunione sotto le due specie", le reazioni e i comportamenti non sono stati sempre uniformi e coerentemente controllati. Uno dei motivi va ricercato nella mancata attuazione delle Precisazioni dei Vescovi: «Il vescovo diocesano può permettere la comunione sotto le due specie ogni volta che sembri opportuno al sacerdote al quale è affidata la comunità, dopo una conveniente mistagogia sul valore della partecipazione al calice eucaristico. Tale prassi sia sapientemente promossa così che "grazie alla forma più chiara del segno sacramentale, si ha modo di penetrare più profondamente il mistero al quale i fedeli partecipano"». Ora, la "comunione sotto le due specie" (Ordinamento, nn. 284-287) non è una novità, ma il semplice ritorno alla prassi primitiva e al suo significato autentico: "[Prendete, mangiate... bevete...] il Corpo e il Sangue di Cristo. Amen".

Questo atto e queste parole, tanto semplici e infinitamente ricche, sono accolte e accompagnate dal silenzio della sorpresa accoglienza. Per questo i vescovi insistono: «Dopo la comunione si osservi un breve tempo di silenzio. Non si introducano preghiere devozionali o avvisi». Non è un tempo vuoto da riempire! È di per sé divinamente pieno e traboccante. -

Già nel Messale Romano precedente e ora nel nuovo Messale Romano (p. 995) è presente un Rito per incaricare volta per volta un fedele per la distribuzione dell'Eucaristia. Questo significa che se nella preparazione della celebrazione (si spera ci sia) fosse sfuggito questo particolare, c’è la possibilità di farsi aiutare.


di: don Carlo Cibien
da: Credere 9/2024


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