Gesù Cristo, mandato dal Padre sulla terra per costituire il nuovo popolo mediante il dono dello Spirito, è la pietra angolare, gli apostoli ne sono il fondamento. Gesù ne sceglie dodici, quasi a chiamare le dodici tribù dell’antico popolo di Dio e per esprimere la continuità della salvezza. L’antica Alleanza con la Pasqua di Cristo diventa nuova Alleanza. I dodici apostoli sono testimoni autentici di questi nuovi, perenni eventi, perché hanno seguito il Signore Gesù dalla sua vita pubblica alla sua Pasqua. Venendo meno Giuda per il suo tradimento, la prima comunità cristiana sente il bisogno, attraverso l’intervento di Pietro, di completare il collegio apostolico. Ne furono proposti due: Giuseppe e Mattia, e dopo aver pregato il Signore, tirando a sorte su di loro, venne scelto Mattia, che fu aggiunto agli undici apostoli. È importante celebrare questa festa di Mattia, che ci ricollega ai testimoni autentici della risurrezione di Gesù Cristo e alla loro volontà di conservare il numero del collegio apostolico come simbolo del nuovo popolo e della profonda comunione di fede.

Tutto questo ci porta a riscoprire il ruolo del successore di Pietro e il valore del collegamento con il successore degli apostoli. Essi hanno la missione di annunciare, per successione apostolica, la risurrezione di Gesù Cristo. Essi sono chiamati, in comunione con il successore di Pietro, a confermarci nella fede, nella speranza e nella carità. Feste come queste dell’apostolo Mattia riaffermano che con la Pasqua di Cristo è cominciata una creazione nuova, una vita nuova, un popolo nuovo. Entriamo in dialogo con l’apostolo Mattia perché ci introduca sempre di più nel mistero della condiscendenza di Dio, manifestato nella pienezza da Gesù Cristo e dalla sua Chiesa. La seconda lettura, tratta dalla Lettera agli Efesini, ci porta a vedere qual è la predestinazione, qual è il disegno che Dio ha sull’umanità. Ci ha scelti prima della creazione del mondo in Gesù Cristo per essere in Lui figli di Dio.

Ci piace dialogare con questo apostolo riprendendo il Vangelo che oggi la Chiesa ci offre: è un brano splendido, che registra il dialogo di Gesù con i suoi discepoli. Gesù rivela la propria intimità con il Padre e come da questa intimità scaturisca quella con i suoi discepoli. L’amore di Cristo verso di noi ha come radice l’amore che il Padre ha verso di Lui e l’invito di Cristo a rimanere nel suo amore è proprio la fonte della nostra capacità di amare gli altri. La testimonianza degli apostoli non è fatta soltanto di parole, ma è comunicazione di una vita, di un amore vero. Il Signore Gesù ci dà un comandamento che non è qualcosa di esterno, ma è un’indicazione di questa vita comunicata: il comandamento di Gesù è qualcosa che nasce dentro, è un’esigenza interiore.

L’apostolo, testimone di Cristo, nella misura in cui mostra che la propria vita fa riferimento a Gesù, ha questa capacità di amare gli altri come Gesù Cristo ci ha amati. Il Signore Gesù ci ha amati di un amore totale e radicale. La testimonianza cristiana fa parte del mistero stesso di Dio e si apre alla concretezza della nostra vita. Per la precisione, per amore di Dio Padre nei confronti di suo Figlio, che venendo sulla terra dona lo Spirito, ci viene offerta la capacità di entrare in questa circolazione di amore. Noi siamo chiamati a svelare questo al mondo di oggi. C’è tanta insoddisfazione perché non siamo docili a questo torrente di amore che è entrato nella storia. Dio stesso continuamente bussa alla nostra porta perché lo accogliamo e comunichiamo agli altri. È bello riprendere la seconda lettura, perché Gesù Cristo ha attuato questo disegno grandissimo: «Benedetto Dio Padre del Signore nostro Gesù Cristo. In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi, immacolati, predestinandoci ad essere suoi figli adottivi mediante Gesù Cristo secondo il disegno del suo amore. Lui ci ha gratificati nel Figlio amato. Mediante il suo sangue abbiamo la redenzione e il perdono delle colpe secondo le ricchezze della sua grazia».

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